PK è l’abbreviazione di “psychokinesis”, psicocinesi, un termine di derivazione greca che letteralmente significa “movimento attraverso la mente”. Secondo la definizione del parapsicologo italiano Piero Cassoli, la psicocinesi è “quel fenomeno psi per cui un essere vivente sembra poter agire sull’ambiente che lo circonda, secondo vie sconosciute, diverse da quelle abituali” (La parapsicologia, Milano 2000, p. 52). Apparentemente, la psicocinesi (detta anche telecinesi, “movimento a distanza”) rappresenta una forma di interazione tra la mente di un individuo e la materia, in base alla quale sembra possibile influenzare direttamente un sistema fisico (anche vivente) esercitando la semplice forza di volontà (in maniera conscia oppure inconscia). Si tratta di un fenomeno estremamente conturbante, e che spesso può assumere dimensioni eclatanti (come nei casi di attività poltergeist), ma sembra essere anche molto più raro rispetto all’ESP.
A seconda del sistema fisico coinvolto, la psicocinesi può determinare una grandissima varietà di effetti. Enrico Marabini, ad esempio, li classifica in: cinetici (spostamento di oggetti), termici (hot spots o cold spots), acustici (raps o “picchi medianici”), luminosi (globi, lampeggiamenti, ecc.), olfattivi (odori paranormali), magnetici, elettrici, fotochimici (“scotografia” o “fotografia del pensiero”), corpuscolari (stigmate, incombustibilità, ecc.) e parabiologici (smaterializzazione, compenetrazione della materia, ecc.).
Le manifestazioni spontanee della psicocinesi sono legate per lo più ai già citati fenomeni di poltergeist, ma non mancano eventi più occasionali. Sono piuttosto caratteristici, ad esempio, i casi di quadri che cadono o di orologi che si arrestano in concomitanza con la morte di qualcuno. Tra i santi e i mistici cristiani (e non solo) alla forte devozione spirituale si accompagna talvolta un vero e proprio rapimento fisico, che, se possiamo prestar fede alle testimonianze, può sfociare in vere e proprie levitazioni (celebre per i suoi “voli” fu ad esempio San Giuseppe da Copertino). In epoca spiritista fu soprattutto nel contesto delle sedute medianiche che si manifestarono fenomeni fisici apparentemente paranormali, spingendo studiosi del calibro di William Crookes (1832-1919) e Julian Ochorowicz (1850-1917) ad interessarsi alla questione. Nella nostra epoca tecnologica, invece, la PK sembra essersi adeguata al nuovo contesto, rendendo evidente la propria azione nei misteriosi rapporti che sembrano legare determinate persone a congegni ed apparecchi elettronici. Rappresentativo, da questo punto di vista, è il cosiddetto “effetto Pauli”, dal nome del celebre fisico austriaco Wolfgang Pauli, la cui nefasta influenza sulle strumentazioni di laboratorio era rinomata tra i colleghi. Così ne parla George Gamow nel libro Trent’anni che sconvolsero la fisica. La storia della teoria dei Quanti (Bologna, 1966):
È noto che i fisici teorici non sanno maneggiare le apparecchiature sperimentali: appena le toccano queste vanno in pezzi. Pauli era un fisico teorico talmente bravo che, di solito, appena lui varcava semplicemente la soglia di un laboratorio, si rompeva qualcosa. Una volta, nel laboratorio del Professor Franck, a Gottinga, accadde un fatto misterioso che a prima vista non sembrava connesso con la presenza di Pauli. Nel primo pomeriggio, senza causa apparente, un complicato apparecchio per lo studio dei fenomeni atomici si sfasciò. Franck ne scrisse divertito a Pauli, al suo indirizzo di Zurigo e, dopo qualche tempo, ricevette la risposta in una busta con francobollo danese. Pauli scriveva che era andato a trovare Bohr e che nel momento dell’incidente nel laboratorio di Franck il suo treno faceva una sosta di pochi minuti nella stazione di Gottinga. Potrete credere o no a questa storia, ma vi sono molte altre osservazioni che confermano la realtà dell’Effetto Pauli.
La ricerca sperimentale sulla psicocinesi si muove su due filoni principali. Da un lato si cerca di osservare (nelle migliori condizioni di controllo possibili) fenomeni di PK macroscopica, visibile ad occhio nudo, come quelli tipici dei poltergeist e delle sedute medianiche, o come quelli prodotti da alcuni soggetti particolarmente dotati (metodologia qualitativa); dall’altro si tenta di indurre in laboratorio effetti di micro-PK, di psicocinesi microscopica, cioè non direttamente osservabili e valutabili solamente a livello statistico su un gran numero di prove (metodologia quantitativa).
Per quanto riguarda la prima categoria di fenomeni, sono rimaste celebri le performance del medium scozzese Daniel Dunglas Home (1833-1886), la cui capacità di produrre effetti psicocinetici in maniera costante e spesso imponente (non mancavano le levitazioni complete di oggetti e della stessa persona del medium) è rimasta unica ed ineguagliata nella storia del paranormale. A differenza della maggior parte dei medium, Home operava spesso in ambienti ben illuminati, e, pur essendosi sottoposto a varie indagini in condizioni di controllo, non fu mai colto ad imbrogliare. Nel 1871, ad esempio, fu studiato da William Crookes, di fronte al quale riuscì a far suonare una fisarmonica racchiusa in una gabbia di sicurezza tenendola con una sola mano, e addirittura a farla levitare in piena luce, mentre i tasti continuavano a muoversi producendo una melodia.
Altri medium particolarmente dotati furono la polacca Stanislawa Tomczyk, studiata da Julian Ochorowicz (era in grado, tra le altre cose, di spostare e levitare piccoli oggetti senza contatto fisico, di bloccare il movimento di un orologio racchiuso in un contenitore di vetro, e di influenzare i lanci di una roulette) e da Theodore Flournoy, il quale si dichiarò convinto “al di là di ogni dubbio della realtà della telecinesi”; l’inglese Stella Cranshaw, scoperta e studiata nel 1923 dal famoso “cacciatore di fantasmi” Harry Price: tra i fenomeni che riuscì a produrre vi furono tre levitazioni complete di un tavolino e la distruzione psicocinetica dello stesso; o ancora l’austriaco Rudi Schneider (1908-1957), i cui fenomeni PK furono osservati nel 1929 da Price (che tuttavia ebbe opinioni altalenanti sulle sua capacità, per ragioni non del tutto chiare) e confermati l’anno successivo da ulteriori esperimenti condotti da Eugene Osty presso l’Istituto di Metapsichica di Parigi. In tempi più recenti, vanno ricordati i casi della russa Nina Kulagina (1926-1990), studiata da vari scienziati sia sovietici che occidentali (tra gli altri: Zdenek Rejdak, Genady Sergeyev, J. Gaither Pratt, Jurgen Keil, Benson Herbert) che poterono documentare con fotografie e filmati tuttora disponibili i numerosi fenomeni da lei prodotti, e dell’americana Felicia Parise, “imitatrice” della stessa Kulagina, che, benché per un periodo molto più breve, manifestò fenomeni analoghi presso l’Istituto di Parapsicologia di Durham.
Per quanto riguarda la micro-PK, i primi esperimenti sistematici furono svolti da J. B. Rhine alla Duke University. Come per i test di percezione extrasensoriale, anche per la psicocinesi Rhine ideò un metodo estremamente semplice, che consentiva di svolgere un gran numero di prove in breve tempo: si trattava di gettare uno o più dadi cercando di far uscire un determinato numero più spesso degli altri. Se, dopo un certo numero di lanci, il numero prescelto si presenta più spesso di quanto ci si dovrebbe aspettare in base al caso, allora si può ipotizzare l’intervento della PK. In base ad una meta-analisi effettuata nel 1989 da Dean Radin e Diane Ferrari, i risultati combinati di 148 serie sperimentali svolte tra il 1935 e il 1987 da 52 ricercatori diversi (per un totale di 2,6 milioni di lanci di dado) hanno messo in evidenza un effetto relativamente ridotto ma statisticamente significativo, mentre i test di controllo erano al livello del caso. Le probabilità che questi risultati siano dovuti al caso sono di 1 su 1096 (vale a dire 10 seguito da 96 zeri).
Una versione più moderna del test con i dadi prevede l’utilizzo dei generatori di numeri casuali (in inglese “random number generators”, RNG), dispositivi elettronici che producono sequenze casuali di numeri a partire da un processo fisico (rumore termico o tempo di decadimento radioattivo). Negli esperimenti con i generatori di numeri casuali, il soggetto cerca di influenzare con un atto di volontà queste sequenze numeriche, spingendole al di sopra o al di sotto dell’aspettativa casuale. I periodi in cui il soggetto non esercita alcuna intenzione mentale vengono utilizzati come controllo. Esperimenti di questo tipo sono stati condotti per 12 anni presso il PEAR, Princeton Engineering Anomalies Research Laboratory, sotto la supervisione di Robert Jahn e colleghi, e in seguito da altri ricercatori e centri di studio americani ed europei. I risultati complessivi di 595 sessioni sperimentali (più 235 di controllo) condotte tra il 1959 e il 1987 al PEAR e negli altri laboratori sono stati valutati da Radin e Roger Nelson in una meta-analisi del 1989. La dimensione dell’effetto è anche in questo caso relativamente ridotta, ma significativamente più elevata rispetto ai controlli, ed associata ad un indice di probabilità casuale di 50.000 contro 1.
Un cenno a parte meritano infine gli esperimenti di PK effettuati negli anni ’50 dallo psicologo britannico Kenneth Batcheldor. Volendo verificare l’ipotesi che l’ambiente caratteristico delle sedute medianiche, col suo clima amichevole ed informale, costituisse una condizione psicologicamente predisponente per il manifestarsi di fenomeni psicocinetici, Batcheldor tenne una serie di sedute sperimentali insieme ad un gruppo di collaboratori. Nel corso delle sedute, si verificarono vari effetti minori (il tavolo si inclinava, oscillava e saltellava, anche quando una persona vi si sedeva sopra cercando di fermarlo), e in un’occasione si ottenne perfino la levitazione completa del tavolo (del peso di circa 20 kg). Ciò conferma che anche la psicocinesi, proprio come la percezione extrasensoriale, è un fenomeno strettamente legato alle condizioni psicologiche consce ed inconsce degli individui, e se certi fattori sembrano favorirla, altri fungono sicuramente in senso opposto, inibendola.
Fonte: gruppogrima.it
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